venerdì 13 gennaio 2012

1961: vacanza all'Hotel Maracaibo di Rimini

Nel luglio del 1961 si concretizzo' il primo (e ultimo) viaggio di vacanza che feci con la mia famiglia. In realtà con me partiva solo mia madre, mio padre stava in città a lavorare. Preceduto da attenti studi e comparazioni su depliants d'agenzia,  il viaggio era stato deciso e concordato nei minimi dettagli con la zia Elena. L'hotel scelto non era nulla di speciale ma era ai miei occhi di adolescente costituì una fonte di sorprese continue. La sua posizione,


vicino al mare in una parallela alla spiaggia  mi permetteva una certa indipendenza e libertà di movimento. I pranzi avvenivano ad una lunga tavolata nella sala che dava sulla hall dell'albergo. Al servizio tavolo c'era spesso un ragazzo magro le cui carenze di scuola alberghiera erano compensate dalla simpatia e dalla disponibilità al dialogo: raccontava tra una portata e l'altra di una grave malattia che ne aveva segnato l'infanzia (probabilmente una pleurite tubercolare) e da cui  non si era ancora completamente rimesso.
Ho trovato un'immagine recente dell'albergo: è incredibilmente uguale al ricordo di 50 anni fa

Anche le camere apparentemente sono rimaste le stesse. Forse rammodernate perchè già allora avevano qualche segno d'usura, che comunque sul momento non ero in grado di cogliere impegnato a registrare tutte le novità di un'esperienza mai vissuta.


La vacanza durò una decina di giorni. Le giornate erano scandite dal pranzo e cena in hotel, spiaggia con gli  svaghi classici (pedalò, nuotate, giochi con la sabbia, prolungate soste sui divani a dondolo del dehors): avere 10 anni nel 1961 non comportava grandi deviazioni dagli standard di una adolescenza assennata e giudiziosa.
Dai mangianastri sotto gli ombrelloni sento ancora oggi la voce di Nella Colombo che canta "Giorgio del Lago Maggiore" (... potremmo mangiare risotto, risotto, risotto...)
Il gioco che in quel'anno andava per la maggiore era il quadrato di 15 numeri. Si dovevano disporre le varie tessere scorrevoli fino a mettere in ordine crescente o decrescente la serie di numeri.



La pubblicità dei due detersivi Supertrim ed Olà rimbalzava dalle pagine delle riviste ai siparietti di Carosello. Di sicuro ero più informato sulle loro proprietà pulenti che non di importanti fatti di cronaca. Che due settimane innanzi, Hemingway si fosse tolto la vita non mi era giunta notizia, come ero immemore del fatto che di lì a poco a Berlino si sarebbe perfezionata definitivamente la separazione tra i due settori est-ovest.      

sabato 7 gennaio 2012

I misteri di Torino. Agosto 1951. La scomparsa di un giovane francese

La notizia compare in taglio basso, poche righe, nell'edizione pomeridiana di Stampa Sera di giovedì 
2 agosto 1951

Giovedì 2 - Venerdì 3 Agosto 1951 NUOVA STAMPA SERA Anno V – N°182

CRONACA CITTADINA: Un turista francese scomparso in città. 
Da ormai cinque giorni un giovane trista francese sta ricercando il fratello scomparso misteriosamente in città. I due, Jean Antoine e Daniele [........], rispettivamente di 20 e 16 anni, venivano da Besanson in bicicletta ed assieme avevano valicato il Piccolo San Bernardo. La sera del giorno 29 scorso erano alle porte di Torino, qui Jean Antoine, che si era recato in un negozio per un acquisto, perse di vista il fratello. Lo attese dapprima, sperando che ritornasse poi lo cercò tutta la sera negli ospedali e nei commissariati ma senza riuscire ad avere alcuna notizia. Anche al Consolato francese, dove era presumibile si fosse recato non avendo altro punto di riferimento, il giovane Daniel non era stato visto. Disperato, il fratello dello scomparso si è rivolto all’Ufficio stranieri, presso la questura. Da ormai cinque giorni un giovane francese, giunto in gita nella nostra città, sta ricercando il fratello

La notizia viene ripresa il giorno successivo con piccole variazioni nella descrizione dell'evento. Non si parla più dell'acquisto fatto dal fratello ma di di una sosta motivata dal bisogno di dissetarsi ad una fontanella da parte dello scomparso. Viene precisato il quartiere di Torino, Madonna di Campagna dove avviene la sparizione del giovane. Si danno notizie sulla provenienza dei due, Besançon e il motivo del loro viaggio.

Venerdì 3 Agosto 1951 LA NUOVA STAMPA Anno VII N°182

CRONACA CITTADINA: Un giovane francese misteriosamente scomparso
Un ragazzo francese di 16 anni che insieme al fratello maggiore, stava compiendo un giro turistico in bicicletta
nell'Alta Italia, è scomparso misteriosamente sei giorni or sono alla periferia della nostra città. Il giovane Daniel [........] era partito insieme al fratello Jean Antoine una quindicina di giorni or sono da Besancon dove abitano in rue [........]. I due giovani avevano dapprima fatto un lungo giro in Svizzera e poi, passando per il valico del Gran San Bernardo, erano giunti in Italia. Prima tappa a Torino, borgata Madonna di Campagna.. Qui avvenne la misteriosa sparizione. Daniel si fermò per bere ad una fontanella e disse al fratello di continuare ad andare avanti, lo avrebbe subito raggiunto. Jean Antoine continuò a pedalare per qualche centinaio di metri e poi si fermò ad attendere il fratello. Ma questi non compariva. Allora cominciò a cercarlo nella zona supponendo che trovatosi di fronte ad un bivio avesse imbroccato la strada sbagliata, Le ricerche furono inutili.

La casa dove vivevano i due fratelli a Besançon

La storia e il relativo mistero finiscono qui. Non c'è nulla d'altro sulla Stampa dei giorni e mesi seguenti. Una cosa però si chiarisce pochi mesi orsono, agli inizi del 2013, dopo alcune ricerche sul web: Daniel è vivo e vive in un piccolo paese della Francia orientale! Dopo alcuni scambi di mail il nostro protagonista però non ha avuto piacere di rilasciarci alcuna notizia riguardo l'esatto svolgimento dei fatti di quel lontano episodio.....     

Et pour nos lecteurs....
Paru en "La Stampa" deVendredi 3 août 1951
Un jeune Français a mystérieusement disparu. 

Un jeune homme français de 16 ans qui avec son frère aîné, faisait une tour en Italie en bicyclette a mystérieusement disparu il ya six jours à la périphérie de notre ville. Le jeune Daniel [........] était parti avec son frère Jean Antoine  il y a une quinzaine de jours de Besançon où il vivait rue [........]. Les deux jeunes hommes avaient d'abord fait une longue tournée en Suisse et ensuite par le col du Grand Saint-Bernard, étaient arrivés en Italie. Première étape à Turin, Ici arriva la mystérieuse disparition. Daniel s'etait arrêté pour boire à une fontaine et avait dit à son frère de continuer à avancer, Il l'aurait atteint par la suite. Jean-Antoine continua à pédaler pour quelques centaines de mètres, puis s'arrêta pour attendre son frère. Mais ceux-ci ne parut plus. Ensuite il commença à le checher en supposant qu' il se fut trompé de direction mais toute recherche a étée inutile.

mercoledì 4 gennaio 2012

Anni 60. I gelati Chiavacci a Torino....

La Ditta Chiavacci nacque a Torino nel 1963 ed ebbe una vita breve ma intensa. Ricordo il biscotto Novellino, lo Scozzese e lo Scozzesino con la coppetta bigusto da 50 e 100 lire che recavano l'immagine del tartan e anche l'innovativo stick giallo, lievemente ricurvo, alla Banana. La crisi inizio' nei primi anni '80 dopo il boom del decennio precedente e terminò nel 1989 con la chiusura dell'azienda.




La fine

StampaSera 21/07/1964 - numero 162 pagina 2

Stroncato da un infarto l'industriale Chiavacci 
L'improvvisa morte di Angelo Chiavacci, a soli 47 anni, ha destato viva emozione nell'ambiente Industriale dell'Italia settentrionale. Angelo Chiavacci, in molti anni di duro lavoro, era riuscito a creare una potente organizzazione nel campo dei gelati. Aveva cominciato a lavorare giovanissimo alutando il padre, Augusto, proprietario di un modesto chiosco in corso Re Umberto angolo via Cristoforo Colombo. Si era nel 1930; Angelo Chiavacci andava anche a casa dei clienti a portare caldarroste. Durante il conflitto un bombardamento aveva distrutto la piccola impresa che i due avevano iniziato in via Cibrario. L'attività era ancora sotto forma artigianale in un bar con laboratorio di corso Sommeiller quando Augusto Chiavacci a 63 anni mori per infarto. Un anno dopo il figlio fondava la società, in accomandita semplice dando inizio alla produzione dei gelati su scala industriale. In questi ultimi anni, avendo ormai raggiunto il successo. Angelo Chiavacci aveva rallentato il ritmo di lavoro concedendosi un po' di riposo. Giocava a tennis, era appassionato di fotografia, godeva di un'ottima salute. Domenica era solo in casa con la maggiore delle sue quattro figlie, Silvia di 10 anni che sta sostenendo gli esami di maturità classica, con lei avrebbe raggiunto poi la famiglia al mare. Si è sentito male al mattino. E' accorso il medico di famiglia che gli ha somministrato qualche cardiotonico. Alle 19 una seconda crisi lo ha fulminato. Oggi alle 16 si svolgeranno i funerali. 

lunedì 2 gennaio 2012

Punti vista. La misteriosa morte del tenente Caprilli

Inverno 1907. Mancano pochi giorni a Natale. In una Torino imbiancata per la prima volta dalla neve dell'anno, il destino è in agguato per il tenente Fedrico Caprilli, abilissimo cavaliere, che nel montare un pacifico morello cade e muore in circostanze poco chiare. Circostanza narrate da un solo testimone.
Tre anni prima era morto, suicida, Emanuele Caccherano di Bricherasio suo intimo amico. Anche in questo caso le ragioni del gesto non erano state chiarite completamente. Di certo queste due morti singolari e a breve distanza l'una dall'altra contribuirono a creare un alone tragico e mai abbastanza approfondito sulle vicende che di li a pochi anni avrebbero dato inizio allo sviluppo della FIAT di cui il senatore Agnelli al pari del Bricherasio era stato socio fondatore l'11 luglio 1899.
Giorgio Caponetti, nel suo romanzo "Quando l'automobile sconfisse la cavalleria" ricostruisce la storia di una grande amicizia e la nascita di una grande realtà industriale. In questo scenario storico si inserisce il drammatico sviluppo di due vite spezzate prematuramente in un modo che ha tutti gli ingredienti per essere definito un mistero giallo 

Al centro Emanuele di Bricherasio e nel cerchio Giovanni Agnelli senior nel celebre quadro di Delleani

Da La Stampa del 6 dicembre 1907
Lo scenario cittadino
La prima neve. Dopo un seguito di incertezze, diremmo quasi di. esitazioni, il tempo si è finalmente deciso ad inaugurare ufficialmente l'inverno con una prima nevicata. Svegliandosi questa mattina i torinesi si sono visti gravare sul capo un cielo plumbeo e minaccioso, seguito poi da una pioggerella fine e penetrante. Ma verso le 9, all'acqua successero alcuni fiocchi di neve, radi dapprima, più compatti di poi. Mezz'ora dopo la nevicata era completa, ed  ha continuato ininterrottamente. I tetti sono già coperti da un primo strato di bianchi flocchi e le strade sono già convertite in uno sgradevole pantano.

La notizia in breve
Il Capitano Caprilli ieri, alle 17,20. montando a cavallo sul corso Duca di Genova, cadde essendo al piccolo trotto, contrariamente a quello che alcuni giornali hanno pubblicalo stamaneL’ipotesi più probabile è che sia stato colto da improvviso malessere; questa ipotesi è avvalorata dal fatto che, senza che il cavallo facesse il minimo scarto od altra difesa, fu visto il capitano barcollare e cadere pesantemente a terra, battendo il capo. Egli riportò la frattura della base del cranio con contusione e spappolamento cerebrale. Le condizioni, gravi sino a stamane alle 5, andarono rapidamente peggiorando, ed alle oro 8,40 è morto.

Resoconto dell'accaduto
La morte del capitano Caprilli in seguito ad una caduta da cavallo.

La notizia produrrà certamente una vivissima, profonda impressione: il capitano Federico Caprilli è morto questa mattina nella casa ospitale ed amica dei fratelli Gallina, i proprietari della Scuderia che è in via Montevecchio. Dell'incidente che al povero ufficiale era toccato si era saputo qualcosa ieri sera vagamente. Si diceva che provando un cavallo al salto degli ostacoli, l'animale aveva fatto un brusco scarto, cadendo di quarto e trascinando il cavaliere. Chi ebbe la prima nuova del fatto, assicurava trattarsi di cosa non grave e fu facilmente creduto, poi che il capitano Caprilli era sopratutto noto per la sua robustezza e agilità. Cento volte aveva veduto il pericolo vicino e cento volte l'aveva sfidato e vinto. Purtroppo la giornata di ieri doveva essergli fatale! Montando un cavano, relativamente tranquillo, sopra una strada piana, il capitano Caprilli ha trovato la morte.



Un colloquio con un testimone della disgrazia

Siamo stati allo scuderie Gallina, in piazza d'Armi, dove, nell'alloggio superiore dei fratelli Gallina, era stato trasportato il povero capitano dopo il fatale incidente e dove ora riposa la sua salma. Alla porta di strada, semichiusa, erano ferme vetture padronali, automobili, cittadine; nel vestibolo e su per le scale si incontravano gruppi silenziosi di gentiluomini e di ufficiali che salivano, scendevano. Nell'anticamera dell'alloggio era un bisbigliare, un parlare sommesso o commosso. Quivi trovammo il signor Gallina che ieri sera, dalla soglia di casa sua, era stato testimonio della disgrazia, e cortesemente, a nostra richiesta, ci narrò ciò che vide. Ancora adesso e per me è un fatto assolutamente incomprensibile e non so darmene pace! Si figuri il più abile dei maestri di equitazione sul più pacifico, sul più tranquillo dei cavalli, e si immagini, se le è possibile, anche lontanamente, non dico prevedere, ma pur immaginare un accidente. E’ assolutamente da escludersi che il capitano sia stato vittima di una improvvisa bizzarria della bestia? - Assolutamente. Del resto, nessuno meglio di me lo può dire, che ho assistito, con questi occhi, alla disgrazia, a meno di cinquanta metri di distanza. — Allora è solo da ammettersi che il capitano sia stato colto da un improvviso malore?  Io ne sono convinto. Ma ecco come seguirono le cose. Poco prima delle 17 il capitano venne allo scuderie, e si mostrava di ottimo umore, in perfetta salute. Anche nella giornata, ho saputo, nulla aveva dato a vedere che provasse qualche malessere, e non aveva accusata alcuna indisposizione; aveva pranzato al Cambio con alcuni colleghi, con buon appetito, fra discorsi gioviali ed allegre risate. Venne qui, si discorse di varie cose, vide parecchi cavalli, e dimostrò il desiderio di provarne uno. E' questo un cavallo morello, un animale d'indole buonissima, un vero cavallo da passeggiata. Ed appunto una semplice passeggiata intendeva di fare il capitano. Balzò adunque in sella, diede di sprone, ed usci fuori dal cortiletto, pel cancello. Fermo sulla soglia, io lo guardavo andare. Aveva fatto un tratto appena di via Morosini, ed era sul punto di svoltare in via Montevecchio, per recarsi in piazza d'Armi. Il cavallo procedeva al piccolo trotto, un passo, si potrebbe dire, appena accelerato, la più pacifica, insomma, la più regolare delle andature. Ad un tratto gettai un grido. Improvvisamente vidi il capitano barcollare sulla sella, poi precipitare colla testa all'ingiù. Il cavallo si era fermato, tranquillo, poco discosto. Li per li non seppi che cosa immaginare. Data l'andatura del cavallo, però, nemmeno per un momento mi fermai a considerare che il capitano potesse essere stato balzato di sella! Ci sarebbe occorso ben altro per balzare di sella lui! Evidentemente, il capitano Caprilli era stato preso da qualche malore, qualche capogiro, chissà! Forse non si trattava di nulla. Chiamai gente e corremmo a vedere. Il capitano giaceva su un margine della via, e pareva esanime. Lo chiamammo per nome: non ci rispose. Lo sollevammo: si lasciava cadere inerte. Il suo volto era cereo, già fatto cadaverico. — Era ferito? — Si, dietro alla nuca, aveva una tremenda frattura. Però, appena un filo di sangue gli rigava i capelli ed il collo. Lo sollevammo a braccia e lo portammo qui. Nell'urto della caduta, anche, il povero capitano doveva aver riportato una violenta commozione viscerale, perchè ebbe a rigettare. Si mandarono a cercare i medici, ma poi non ha più ripreso conoscenza! Un collega del capitano, un giovane ufficiale di cavalleria, pure ci confermò che la disgrazia era seguita perchè il Caprilli era stato colto da malore. “Se fosse stato altrimenti, — ci disse l'ufficiale, — il capitano, cadendo, avrebbe inevitabilmente, istintivamente messe innanzi le mani per pararsi. Invece non fu così. Il capitano, quando cadde, colla testa in avanti, doveva aver già perduta ogni conoscenza. Le sue mani, quando egli venne risollevato, non erano menomamente imbrattate di terra.

I.'agonia

Dall'ospedale Mauriziano giunse quasi subito il dottor Gallina: il povero capitano non aveva ancora ripreso i sensi. Il medico procedette ad una minuta visita e constatò che, nella caduta, l'ufficiale aveva battuto con grande violenza il capo, riportando la frattura complicata della base cranica con conseguente spappolamento della materia cerebrale. Che raccapriccio! Non c'era nulla da fare : la scienza nulla poteva tentare Si procedette ad una fasciatura, ma si sapeva che sarebbe stata inutile. Per tutta la notte, Caprilli fu vegliato pietosamente affettuosamente: gli amici suoi, angosciati assistettero cosi alla sua lenta, dolorosa agonia. Non si riebbe più, neppure per un istante. Al mattino si aggravò maggiormente: la fine si avvicinava. Il prof. Carle, avvertito, si recò egli pure alla casa dei signori Gallina per visitare l'infelicissimo capitano, ma dopo uno sguardo, l'espertissimo chirurgo scosse il capo sconsolatamente. “Non c'è più speranza alcuna”. Era la sentenza. Nella stanza passò come un brivido di freddo. Il prof. Carle non si ingannava. Il ferito cominciò a rantolare ed alle 8,40 spirò, con un gemito. Non soffriva più.

La salma
Il corpo inanimato di Federico Caprili fu composto sul letto e ricoperto d'un lenzuolo. La bocca gli si era contorta nell'ultimo spasimo e la pietà degli intimi gli fasciò allora il viso con una benda bianca, un poco stretta. Presso il capezzale furono deposti rami di rose, che lo sfiorarono in una suprema, blanda carezza. Li accanto si accese una lampada. Poi gli amici, i conoscenti furono ammessi a visitare la salma. Il mesto, doloroso pellegrinaggio durò ininterrotto per ore od ore. Giunsero fra i primi, diversi ufficiali di cavalleria, il marchese Ferrero-Ventimiglia, il conte Rignon, il barone di Sant'Agabio e molti, molti altri gentiluomini dell'aristocrazia. Oggi, in una stanza a terreno nella casa dei signori Gallina, sarà preparata la camera ardente e la salma del capitano vi sarà deposta, vestita dell'alta uniforme.