sabato 31 agosto 2013

Il Monte Chenaillet

Lo Chenaillet ha una interessante caratteristica, quella di essere  un antico vulcano sottomarino risalente a circa 155 milioni di anni fa, sollevatosi a causa della formazione della catena alpina. Sul "sentiero geologico" che ben tracciato sale alla cima del monte, si incontrano alcuni pannelli didattici che mostrano le caratteristiche dei sedimenti che si incontrano: i gabbri, rocce granulose in cui è possibile riconoscere la struttura cristallina e i basalti, più compatti e scuri chiamati pillow-lava, vere e proprie bolle rocciose formatesi sotto il livello dell'acqua, tondeggianti dal diametro di 50cm-1metro.


 
Salendo incontriamo dunque tutti i vari tipi di roccia che si sono formati e plasmati a seconda della loro posizione nella litosfera o nella crosta oceanica e del tempo di raffreddamento impiegato per consolidarsi dopo l'eruzione magmatica (gabbro raffreddamento lento, basalto più rapido). Nella cartina qui sotto sono riportati i tre settori principali della distribuzione geologica. 


In basso troviamo il colore scuro della peridotite (da cui si è evoluto il serpentino), nella fascia mediana i massi di media grandezza più chiari dei gabbri e in alto le rocce basaltiche più frammentate e minute.

Dicevamo 150 milioni di anni fa.... Al tempo del Giurassico superiore le rocce della nostra montagna costituivano il fondo di un oceano alpino nato dalla separazione dei continenti europeo e africano.
In seguito al successivo riavvicinamento dei due continenti (65 milioni di anni fa) e alla loro collisione si ebbe la nascita della catena alpina e la scomparsa dell'oceano.
Si può arrivare in cima allo Chenalliet in vari modi. Quello che consiglio si svolge ad anello ed è forse il meno faticoso.

Da Montegenèvre conviene evitare di prendere il sentiero verso i forti Gondran e Janus che nel primo tratto è noioso e poco interessante e salire con la comoda cabinovia che in pochi minuti porta dai 1820 della stazione a valle ai 2200 della superiore: da qui si prende la larga strada sterrata che scende verso l'altro impianto a seggiovia, verso il Forte Gondran. In prossimità del laghetto nei pressi del piccolo parco geologico dove pannelli illustrano i vari tipi di roccia della zona, è ben visibile una traccia in salita verso lo Chenaillet. La strada in breve si restringe fino a diventare un sentiero che ben tracciato serpeggia lungo le pendici Nord della montagna e compaiono i primi cartelli che indicano il sentiero geologico. Giunti al livello dei grandi massi di gabbrio, volgendo lo sguardo in basso ritroviamo tutti punti di riferimento, tra i quali la minuscola capanna dei doganieri, puntino bianco nei pressi della pineta che costeggia il lato ovest del lago.



In alto troviamo ormai invece la miriade di rocce frammentate che costituiscono il gabbro


La salita è faticosa, con continui zig zag su di un fondo ormai costantemenete pietroso ma stabile e ben delineato che non è consigliabile abbandonare per non rischiare di provocare pericolose frane di pietrisco.
L'arrivo in cima ricompensa però di ogni fatica: la vista è a 360° con il paese di Montgenèvre da un lato


e la immancabile sagoma del picco di Rochebrune dall'altro.


Due bei cartelli in ceramica indicano tutta la lontana skyline montuosa verso Nord e Sud.
Lo Chenaillet è anche, oltre che pagina geologica, pagina di storia. Durante la Seconda guerra mondiale, qui si svolsero alcune azioni offensive in seguito alla dichiarazione di guerra alla Francia del 10 giugno 1940. Il 22 e 23 giugno unità della 26a Divisione di fanteria Assietta occuparono la zona fortificata del Monte Chenaillet. Le pendici della montagna recano ancora i segni delle opere militari francesi


oltre ad un certo numero di reticolati, lamiere, pali ormai rosi da ruggine di decenni.

Il colle Chenaillet visto dal basso

Il percorso di ritorno si può effettuare verso il Colle dello Chenaillet, direzione Sud, deviando poi a sinistra verso est e seguendo le tracce delle ampie piste da sci sterrate che arrivano dal settore del Rocher de l'Aigle. Anche questo tratto, sempre in discreta pendenza e su fondo pietroso sdrucciolevole, è lievemente faticoso ma assolutamente tranquillo. Poco prima della stazione a monte della cabinovia delle Chalmettes, un ultimo strappo in decisa salita ci riporta al punto di partenza della passeggiata





venerdì 9 agosto 2013

Memorie storiche della Città di Torino: la ferrovia Torino-Rivoli

LA STAMPA DELLA SERA - Giovedì 12 Dicembre 1935 - Fantasmi della velocità Il primo trenino da Torino a Rivoli

Un giorno dell'anno 1812 il paese di Lù, in provincia di Alessandria, dava i natali a un bel tipo di piemontese: Giovanni Colli. Per chi conosce la storia della prima ferrovia a scartamento ridotto Torino-Rivoli, questo nome non riuscirà nuovo. Poichè esso appartiene a colui che immaginò e costruì la ferrovia e — secondo le satire del maligni — spinse, sul novissimo binario, a forza di braccia e con immensa fatica, il convoglio recalcitrante. Ma lasciamo ai maligni l'inutile scherno e tributiamo il nostro reverente ricordo a codesto valoroso innovatore che, se da un lato sudò le tradizionali sette camicie a spingere innanzi la sua vaporiera, dall'altro, il nobile sforzo servì ad aprire la strada alla futura e rapida tranvia elettrica.
Contro l'opinione pubblica
Dicevamo che Giovanni Colli nacque nel paese di Lù. Precisamente. E vi crebbe sino all'età giovanile. Ma la vita di provincia non era fatta per lui. Si sentiva una gran voglia di operare e sovratutto di far fortuna. Ancora ragazzo, un bel giorno — siccome a quel tempi andava di moda parlare così — così parlò ai genitori: — Babbo e mamma, io voglio partire: voglio andare a Torino a cercar fortuna —. E ricevuti i loro abbracci e le loro sante benedizioni, se ne venne nella capitale del Piemonte. Non certo, però, nel viaggio verso l'affascinante città dei Principi e del Re Sabaudi, il Colli pensava di giungere, un dì, a tanta popolarità. Egli era solamente fiducioso nella propria volontà e nel proprio desiderio di lavorare. Difatti, giunto alla meta, il giovane si dette da fare e i primi anni li trascorse lavorando assiduamente. Mente sveglia e di larghe vedute, egli seppe conquistarsi una posizione dì primo piano. Partecipò alla costruzione del canale della Ceronda, all'ampliamento di piazza Statuto, ed assunta l'impresa del tronco Torino-Venaria della ferrovia di Ciriè, conobbe il suo futuro coadiutore, ing. Lorenzo Raimondo, allora direttore di detta linea. Fra i due uomini si stabilì subito una calda cordialità ed una perfetta identità di vedute. Si che, ben presto, essi vennero all'ideazione della ferrovia Torino-Rivoli. Il sogno fu bello, rapido e radioso; ma quando si scese alla cruda realtà, il risveglio — com'è risaputo in tutte le cose — non fu certo felice. C'era da combattere contro lo spirito anti innovatorio dell'opinione pubblica! E poi, secondo i più, restringere lo stradone di Francia era un delitto, un'offesa arrecata alla serietà di quel gran scenario d'alberi e di cielo che è il viale di Rivoli. Figurarsi, inoltre, se gli ottimi abitanti di quelle contrade volevano andar incontro a pericoli e udire il chiasso di ferraglie sbuffanti vapor d'acqua! A questi ostacoli non certo indifferenti bisognava aggiungere quelli di indole tecnica e di espropriazione. Giovanni Colli non cedette le armi. Anzi, ogni giorno di quel periodo di battaglia lo si poteva vedere, fermo, per lunghe ore sul viale a meditare, a far rilievi topografici e a contare tutte le persone che vi transitavano. Tanto travaglio non doveva andar perduto, poiché il 3 novembre 1870 —proprio quando era ultimato il grandioso Traforo del Fréjus — il Governo dava concessione al neocavaliere Giovanni Colli di costruore ed esercire “a tutte sue spese, rischio e pericolo” la ferrovia a vapore ed a scartamento ridotto fra Torino e Rivoli e affidava gli studi e la direzione dei lavori all'Ingegnere Lorenzo Raimondo, progettista. La Provincia concedeva il sedime sul Iato a notte della via, il comune di Torino concorse per 40.000 lire e quello di Rivoli per 80.000, oltre al terreno per le rispettive stazioni e nel medesimo tempo ambedue gli enti stipularono un contratto con l'imprenditore, per il quale il medesimo si assumeva la costruzione e l'esercizio della ferrovia economica, mediante un sussidio a fondo perduto di lire 120.000 e la cessione gratuita dei terreni. La linea, a scartamento di metri 0,90, misurava una lunghezza di 11.750 metri ed aveva il beneficio di non presentare curve. Perciò le difficoltà erano esclusivamente altimetriche. Si pensi che oltre a considerare la differenza di livello fra i punti estremi Torino e Rivoli (il primo- metri 240; il secondo m. 350) occorreva compensare la bassa detta di Dora e l'altura detta trucco di Silogna. Gli scavi, poi, di eguale lunghezza della linea e di una profondità di circa sei metri e mezzo dovevano essere aperti a forza di mine perchè vi si incontravano massi di pietra e di conglomerato. Ecco perchè la ferrovia di Rivoli si potè dire veramente una ferrovia “studiata”. Fatti i preparativi nell'inverno, la costruzione venne intrapresa verso la fine del febbraio 1871 e condotta, a compimento in un semestre. Il bello avvenne il giorno della inaugurazione, 17 settembre, lo stesso giorno in cui si solennizzava per i futuri traffici la ferrovia del Traforo del Frejus.
La stazione di piazza Statuto
I Torinesi di buona memoria e vecchia data ricorderanno l'antica e comoda stazione ad un solo plano ed a colonnati, che sorgeva in piazza Statuto e che, demolita nel '96 venne rimpiazzata dall'attuale. Ebbene fu proprio là che quella bella mattina di settembre si dettero convegno autorità, personalità, folla agghindata — le signore con le ampie gonne a mongolfiera e i magnifici cappelli alla rococò, levar di tube e baciamani, sorrisi languidi di quei nostri padri dai mustacchi pieni e rigogliosi. Fu veramente un convegno eletto in mezzo al quale, s'intende, si aggiravano i soliti umoristi burloni, sempre pronti a demolire la fatica degli altri, i quali dell'avvenimento fecero la seguente versione: — La vaporiera stava in mezzo a tutta quella gente. Con il gran collo di struzzo essa guardava avanti a sè con gli occhi accesi dei suoi fanali come uno che debba percorrere una lunga strada non ancora conosciuta; e, a tratti, dopo un colpo di tosse, soffiava. — La vaporiera, quella mattina, non aveva volontà di camminare e siccome quando fischiò il capo stazione, il macchinista la voleva fare andar per forza, essa, in un attimo d'ira, recalcitrò e spruzzò d'acqua calda tutti quei signori, che, estatici, con le palme delle mani levate stavano per applaudire. — Ma l'applauso scoppiò solo più tardi quando un signore dal panciotto a quadri si avvicinò alla vaporiera e con una volontà e una forza da titano si pose a spingerla. Chi era costui? 'L padròn del vapor al secolo Giovanni Colli. Allora si assistette ad uno spettacolo straordinario. Il convoglio piano piano, si muoveva – Bene! Evviva!- si gridava. E fra tanta festosità si udiva il potente sbuffare degli stantuffi. Cifù cifù… L’avvenimento doveva assurgere a più alta importanza. Durante il tragitto, quasi a simbolizzare e a glorificare la tenacia e la fatica degli uomini, che in opposte regioni operavano, il trenino Torino Rivoli incrociò il convoglio inaugurale della ferrovia del frejus L’incontro avvenne sopra e sotto il viadotto del Baraccone.
In seguito la ferrovia prosperò. Nel primo anno di esercizio si contarono 65937 viaggiatori. Nell’anno seguente il numero di essi salì a 232.000 per ascendere nel 1880 a 340.000, nel ’90 a 452.000 nel 1904 a 638.000 e così via Realizzatasi e resasi importante tale opera i maldicenti non seppero più cosa dire. Qualcuno però insinuò che il Cav. Colli faceva tirar la cinta ai propri dipendenti. Questo fatto, anche se fosse stato vero, doveva passare in secondo piano poiché il Cav Colli allorché giungevano richieste da parte del personale, in risposta aumentava strisce d’oro sui berretti, il che inorgogliva i dipendenti che si sentivano tanti padreterno.
Aster 

Polemiche......

La Stampa 10 Maggio 1912 Una lettera del Sindaco di Rivoli sulla ferrovia
 Dal sindaco di Rivoli riceviamo e pubblichiamo : «Permetta, Egregio Sig. Direttore, che, in omaggio alla verità, ed in relazione all'articolo comparso oggi sulla Stampa, col titolo: Come si amministra, le osservi : Non essere vero che il servizio della Torino-Rivoli fosse assicurato da una Società privata, che avrebbe costrutto una seconda linea in concorrenza a quella già esistente, le cui proposte il Consiglio comunale di Torino avrebbe respinto per evitare i danni della concorrenza fra le due Società. Sta il fatto invece che la Società d'Applicazioni Elettriche aveva chiesto ed ottenuto dalla Provincia la concessione del piano stradale per la costruzione di una nuova linea parallela a quella esistente; ma la Società ignorava, come forse la Provincia aveva dimenticato, che il Governo, con la concessione accordata al signor Colli, per l'esercizio della Ferrovia economica Torino-Rivoli, si era vincolato a non accordare per tutta la durata della concessione stessa, e cosi sino a tutto il 1932, il permesso di costrurre ferrovie o tranvie anche a trazione animale concorrenti e parallele alla distanza di tre chilometri. La Società di Applicazioni elettriche si trovò quindi nella impossibilità di usufruire della concessione ottenuta; tant'è che trattò con la «Finanziaria» l'acquisto della ferrovia, trattative che non furono poi coltivate, stante la richiesta della Provincia di un canone annuo di lire 1600 per ogni chilometro di percorso. «Il Municipio di Torino aveva perciò la convenienza massima all'acquisto della ferrovia, che rappresentava l'unico mezzo di liberarsi dalla servitù di non poter costrurre linee parallele a quella attuale alla distanza di tre chilometri, e cosi per una zona di terreno della larghezza di sei chilometri. « Torino avrebbe avuto interesse ad acquistare essa sola la linea; dovette costituirsi in Consorzio con Rivoli e la Provincia, perchè la prima aveva diritti acquisiti sulla ferrovia Torino-Rivoli, cui non poteva rinunciare, perchè la seconda pretendeva un canone annuo di L.1800 per ogni chilometro, che con il Consorzio si venne ad eludere, e perchè inoltre la Provincia aveva acquisito il diritto di esercire la ferrovia, dopo il 1932, per altri 30 anni. «Ringraziandola dell'ospitalità nel pregiatissimo suo periodico, mi raffermo con tutta stima «Il sindaco di Rivoli: Avv.E. Peyrot.



Brevi e precise risposte alla lettera dell'egregio Sindaco di Rivoli:
1a Nella deliberazione 20 gennaio 1909 della Giunta Municipale è riportata la seguente relazione del Sindaco Frola: «Nel 1908 il Consiglio provinciale di Torino approvava in massima la proposta della Deputazione provinciale, di concedere alla Società per le Applicazioni Elettriche di Torino la sede stradale, per l'impianto e l'esercizio di una tranvia elettrica Torino-Rivoli. Tale concessione veniva a precludere al Municipio il mezzo di regolare, secondo gli interessi e le esigenze della cittadinanza, il servizio tranviario di comunicazione tra il centro ed un sobborgo della città colla rete di tranvie del Municipio, le cui linee non avrebbero potuto trovare posto sullo stradale di Francia quando questo fosse occupato da un lato dalla ferrovia a vapore, dall'altro da una tranvia elettrica. Di più, la coesistenza dei due mezzi di trasporlo, pur migliorando le comunicazioni tra Torino e Rivoli, non avrebbe tuttavia permesso una sistemazione definitiva di un servizio inappuntabile e rispondente agli interessi dei due Comuni, ostandovi le difficoltà finanziarle che i due esercizi distinti di ferrovia e di tranvia avrebbero indubbiamente incontralo». Come vede l'egregio Sindaco di Rivoli, l' Amministrazione Frola — che è poi quella Rossi — mostrava la più profonda diffidenza su gli effetti della concorrenza... perchè due Società, per lottare l'una con l'altra, devono investire ognuna un capitale per proprio conto. Resta dunque quanto scrivevamo. Ma la lettera sopra riportata ci rivela un'altra cosa graziosa, a noi sfuggita: che cioè la Provincia faceva una concessione, che una precedente disposizione governativa le vietava di fare! E' un'altra... dimenticanza, da aggiungere a quelle da noi già elencate, quali lo studio dei preventivi, del costo di esercizio ecc. ecc.. E questa dimenticanza non era propria solo della Provincia. Perchè — come risalta dalla relazione Frola sopra ricordata — per evitare la concessione o la concorrenza «si fecero pratiche presso la Deputazione e il Consiglio provinciale» e si deliberò senz'altro il Consorzio. Ciò aggrava ancora di più di quanto noi credessimo le responsabilità dei nostri amministratori. Perchè se essi erano proprio spaventati dei supposti pericoli della concessione, fatta nel 1908 dal Consiglio provinciale alla Società per le applicazioni elettriche, bastava che impugnassero di nullità detta concessione, e ogni pericolo scompariva. E' chiaro? E allora, perchè ricorrere al mezzo disperato della formazione del Consorzio?
2. a il Municipio di Torino non aveva nessun interesse all'acquisto della ferrovia e alla sua trasformazione in tranvia elettrica al primo costo preventivato in L. 2.287.500, dopo che la relazione dell' Ing. Egg Lieberg — dalla Stampa riportata — provava che, anche col costo ridotto a L 2.188.000. la tranvia elettrica Torino-Rivoli rappresentava un affare insostenibile;
3. a infine, anche dato e non concesso quanto afferma il Sindaco di Rivoli, restano inescusabili quegli incredibili errori di cieca imprevidenza, segnalati dalla relazione Palberti e da noi ripetutamente posti in evidenza, per cui il costo è passato da 2, 3 a 4 milioni, sinché, anche se il Governo rinuncerà alle 50 mila lire di canone, la linea rappresenterà una permanente passività a carico delle finanze torinesi, già avariate da tutta una serie di opere scervellate della stessa portata di questa.  

La fine


10 Novembre 1955 LA NUOVA STAMPA
Il treno di Rivoli va in pensione.
Con la tristezza che è alla fine di ogni carriera — una tristezza, qui, fatta di cose consunte, sporche e immemori di colore — le sgangherate e traballanti vetture lasciano il passo ai modernissimi filobus dopo un accanito attaccamento alle loro rotaie. La storia della ferrovia si chiude con una anzianità di 84 anni; torinesi di quattro generazioni hanno fatto la spola milioni di volte fra Torino e Rivoli e viceversa, prima con la vaporiera che inaugurò il servizio, poi sulle vetture trainate da motrici elettriche. Il treno correva avanti e indietro a lato della strada: superava in un baleno i carri tirati dai cavalli e le diligenze: poi strane macchine a motore ebbero l'ardire di affiancarsi a lui e di contendergli il primato della velocità. Queste macchine, dapprima tozze, poi sempre più slanciate ed eleganti, accrebbero la rapidità: il treno fu superato, divenne il «trenino». Ma ancora un primato gli rimase, pur nel suo modesto ruolo: l'infausto primato delle sciagure. Si calcola che i morti siano centocinquanta. Ora che il treno si è deciso a cedere le armi, il servizio si snellirà e cosa di pari importanza, corso Francia potrà cambiare radicalmente aspetto acquistando maggiore spazio per il traffico. Da piazza Statuto fino all'altezza della Venchi Unica la sede stradale guadagnerà la superficie ora occupata dalia linea ferroviaria, mentre da questo punto fino a Rivoli la strada verrà addirittura raddoppiata. Quello che attualmente è il bordo interno della sede ferroviaria, diventerà il centro del corso dove una banchina di sempreverdi dividerà le due sedi stradali, ciascuna larga di 7 metri e mezzo. Ciò che ha fatto ritardare la soppressione del servizio ferroviario è stata appunto la necessità di poter raggiungere un accordo con l'Arias circa la nuova sistemazione della strada. I lavori incominceranno nel prossimi giorni e si protrarranno presumibilmente per otto mesi. In questo frattempo il traffico sull'attuale corso Francia si appesantirà in quanto da domenica entreranno in funzione cinque filobus integrati da sedici autobus. Le vetture filoviarie, articolate, sono di proporzioni eccezionali, capaci di 150-180 posti. Nel tratto urbano sì varranno di due distinte linee mentre invece da Pozzo Strada dovranno servirsi per ora di un solo filo in quanto il secondo verrà teso sul raddoppiamento della strada. Di conseguenza, in questo tratto, ad ogni incrocio di due vetture filoviarie, uno del due conducenti dovrà abbassare l'asta di presa di corrente per lasciare passare l'altro filobus. Se fino adesso corso Francia è stata un'arteria pericolosissima per il suo traffico intenso e convulso, a maggior ragione lo diventerà durante il periodo in cui ferveranno i lavori per il suo ampliamento. Due cose sono da auspicare: che il pubblico tenga continuamente presente questo pericolo incombente e che l'Anas faccia il possibile per accelerare l'esecuzione dell'opera.