martedì 1 aprile 2014

Le indagini del Maresciallo Odasso. Il delitto della cava (parte seconda)

Da La Stampa del 14 Ottobre 1952 

AL PROCESSO PER IL DELITTO DI BUSSOLENO

 Un pubblico assai numeroso è accorso stamane in Corte di Assise per assistere alla prima udienza del processo a carico del manovale Vincenzo Nebulon di 46 anni, autore di un efferato delitto.- Egli è infatti accusato di aver ucciso la propria amante, la sessantenne Libera Danese seppellendone poi il cadavere in una grotta nel pressi di Bussoleno. La precisa imputazione della quale deve rispondere il Nebulon è di omicidio premeditato a scopo di rapina, con l'aggravante dell'occultamento della salma. Lo difendono gli avvocati De Marchi e Delgrosso. In apertura di udienza il presidente dott. Aubert ha fatto alla Corte un breve riassunto del fatto. Il delitto venne scoperto quasi per caso nel marzo del 1949. Il contadino Davide Plano che ogni mattina percorreva un sentiero della montagna sopra. Bussoleno, dovette fermarsi in una cava ormai abbandonata. Con sua sorpresa notò alcune chiazze di sangue che segnavano quasi una striscia sul terreno fino all'ingresso di una grotta chiusa dà poco tempo con sassi e terriccio. Osservando meglio, il Piano scorse anche la scarpetta di una donna, pure macchiata di sangue. Certo di trovarsi di fronte a qualcosa di criminoso, il contadino corse immediatamente ad avvertire i carabinieri i quali, nella stessa giornata, procedettero a scvare nella grotta. Dopo qualche ora di febbrile lavoro il carpentiere Cipriano Tonda, che partecipava alle operazioni, trasse alla luce il cadavere di una donna con il cranio fracassato e la bocca piena di terriccio. Attraverso le impronte digitali la polizia scientifica identificò la morta in Libera Danese vedova Meneghelli, d'anni 60, abitante invia della Basilica 4 e schedata nell'archivio della Questura tra le donne di facili costumi. Nel suo interrogatorio l'imputato, un nomo dalla corporatura atletica, non ha in sostanza modificato le dichiarazioni già rese con la sua confessione. Durante la primavera del 1960 egli, aveva conosciuto la Danese che abitava in una soffitta di via Basilica. Per qualche tempo vissero insieme e poi la donna manifestò il desiderio di trasferirsi, con il Nebulon a Bussoleno. Questa decisione non piacque al manovale che, separato dalla moglie, dimorante appunto a Bussoleno, voleva evitare il pericolo di uno scandalo.”Cercai in ogni modo di dissuadere la donna” ha detto l'imputato e poi, quando appresi che in quel giorno — era il 27 marzo — si sarebbe recata a Bussoleno, fui costretto a raggiungerla. C'incontrammo alla stazione. La Danese recava con sè una valigetta di cui ignoravo il contenuto. Giungemmo cosi nella zona di Calusetto in prossimità della cava. Io perdetti la calma, afferrai un sasso e colpii ripetute volte la donna al capo finché la vidi stramazzare al suolo, immobile. Poi,- spaventato la trascinai per i capelli nell'interno della cava e ne nascosi il cadavere sotto un mucchio di pietre e terriccio. Gettai la valigetta nel folto di un cespuglio. 

2 Martedì 14 Ottobre 1952 LA NUOVA STAMPA
"Esasperato dal litigio presi una pietra e picchiai la donna finchè cadde morta
 Il processo in Corte di Assise per l'omicidio della mondana a Bussoleno 

Oggi l'assassino conoscerà la sua sorte Alla fine di marzo del 1950 veniva casualmente scoperto in una cava di pietre presso Bussoleno il cadavere di una donna più tardi identificata nella sessantenne Libera Danese, libera, oltreché di nome, anche di costumi nonostante l'età. Lunghe e difficili furono le indagini per individuare l'assassino: assai più a lungo durò l'istruttoria soprattutto perchè il giudice non aveva la possibilità di provare con elementi inconfutabili il movente del delitto che — per indizi e per circostanze indirette — appariva tuttavia essere stato compiuto a scopò di rapina. L'omicida. Vincenzo Nebulon di 46 anni, operaio, venne però ugualmente rinviato a giudizio della Corte d'Assise con l'imputazione di omicidio commesso per impossessarsi del denaro della vittima. Il processo ha avuto inizio ieri. Dichiarata aperta l'udienza il presidente dott. Aubert. prima di interrogare l'imputato, ha dato lettura dei verbali contenenti le dichiarazioni da lui fatte alla polizia ed al giudice istruttore. Dai documenti risulta che uccise la sciagurata durante un aspro litigio. La Danese voleva andare a convivere con lui a Bussoleno in una casetta che egli possedeva: l'imputato non voleva saperne della decisione della donna poiché a Bussoleno risiedeva pure sua moglie e temeva — nonostante fosse da lei separato da circa 7 mesi — che nascesse uno scandalo. Dalle parole si passò a vie di fatto: la vecchia mondana colpi il Nebulon ad un occhio e lo graffiò: egli perse la testa: raccolse una grossa pietra e con quella picchiò sul capo della donna fino a quando cadde a terra inanimata . L'imputato, uomo dalla robusta costituzione, ha ascoltato tranquillo, la lettura dei verbali. Quando Il Presidente lo ha interrogato con tono ugualmente tranquillo ha risposto alle domande. Aveva conosciuto la Danese — che abitava in una soffitta di via Basilica 4 — poco tempo prima. Vissero insieme con perfetto accordo; avevano intenzione di prendere in gerenza una bottiglieria poichè la mondana voleva ritirarsi dalla professione. Gli screzi fra loro nacquero quando la Danese manifestò il desiderio di andare a vivere a Bussoleno. « Cercai di dissuaderla — ha detto il Nebulon — ma sembrava irremovibile. Il 27 marzo seppi che si era recata al paese; salii sul treno successivo e la raggiunsi. Ci incontrammo alla stazione; la Danese aveva con sé una valigetta; la presi e la portai a casa mia mentre lei attendeva al caffè delle Alpi. Poi discutendo e litigando ci avviammo verso la cava nella zona di Calusetto. Ad un tratto persi la calma e la colpii ripetutamente con una pietra; poi spaventato trascinai il colpo nell'interno della cava e lo nascosi sotto un mucchio di pietre — Pres. : Come mal non è stata trovata traccia delle 400 mila lire che la donna aveva con sè? Le aveva ricavate pochi giorni prima dalla vendita di un suo alloggetto in via Principe Amedeo. — Imp.: Non ne so nulla; io presi soltanto 800 lire contenute nella sua borsetta. Ha avuto quindi inizio la sfilata dei testi : il fratello e la sorella della morta che hanno riferito quanto denaro approssimativamente aveva la loro congiunta; il maresciallo dei carabinieri Odasso che iniziò le prime indagini dopoché il carpentiere Cipriano Tonda estrasse il cadavere di sotto il cumulo di pietre: il commissario di P. S. dott. Fiumano — al quale II Presidente ha fatto gli elogi per la brillante condotta delle indagini; conoscenti e amici dell'uccisa — fra i quali un ottantaquattrenne che con le sue risposte spassose ha suscitato un po' di buon umore — e dell'omicida. I difensori avvocati De Marchi e Delgrosso hanno fatto dedurre una serie di testi — fra i quali il cappellano delle carceri ed un compagno di cella del Nebulon — che hanno messo in luce tratti buoni ed umani del carattere dell'imputato: ciò al fini della eventuale concessione delle attenuanti generiche. Stamane il P. M. dott. Prosio pronuncerà la requisitoria ed in giornata si avrà la sentenza. 1951

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