Stadium III: Continua la pubblicazione degli articoli de La Stampa riguardanti lo Stadium di Torino

Fervida discussione sullo Stadium (20.01.1926) La Stampa - numero 17
Decisamente, la cittadinanza ha accolto con molto interesse il dibattito sulla questione dello Stadium. Ne fanno fede le molte lettere che si sono state indirizzate sull'argomento. Cominciano a pervenire anche le difese, non tutte sprovviste di buone ragioni. Ma la maggioranza di coloro che hanno manifestato il loro pensiero è ancora per la demolizione, sia per ragioni pratiche, sia per ragioni sentimentali. Anche oggi diamo la precedenza ai fautori della conservazione. Il prof. Emilio Crosa scrive, tra l'altro: Lo Stadium costituisce un'area di riserva di capitale importanza per l'avvenire della città. Questa considerazione ebbe gran peso allorché il Municipio fece la nota concessione alla Società civile dello Stadium. Distruggere oggi questa riserva sita in località centrale adatta ai più svariati bisogni potrebbe determinare in un prossimo domani gravi conseguenze per la città nostra. Basti considerare il problema delle stazioni di Torino Se dato l'immenso sviluppo della città nostra s'imponesse il trasporto della Stazione di P. N. i cui difetti si vanno ogni giorno aggravando, e si sentisse il bisogno di una stazione di transito, la località oggi occupata dallo Stadium potrebbe essere assolutamente insostituibile. E ancora potrebbe in un non lontano avvenire prospettarsi la necessità di poter usufruire di aree centrali e vaste per edifici pubblici, per l'Amministrazione comunale ecc. «L'occupazione dell'area dello Stadium oggi non faciliterebbe granchè il problema delle case. La necessità non è che le case sorgano in questa o in quell'altra località, ma che si costruiscano case. Inoltre il luogo signorilissimo, da adibirsi a costruzioni di lusso non potrebbe arrecare vantaggio per la risoluzione di un più assillante problema, la costruzione di case modeste, che sono oggi le più ricercate. E ben sarebbe da deprecare una soluzione starei per dire «democratica» del problema, nel senso di dare il terreno a basso prezzo per grandi casamenti poiché in tal maniera al danno per il Comune, che trarrebbe scarso profitto dalla vendita, si aggiungerebbe quello artistico di brutte costruzioni nella vecchia Piazza d'Armi che sapientemente ordinata da uno del nostri più valenti architetti costituisce un quartiere degno in tutto di una città moderna pensosa delle esigenze artistiche. Reputo, in conclusione, il problema, opportunamente sollevato da cotesto giornale, oltremodo complesso e m'auguro che per il bene della città nostra esso sia studiato a fondo». Se il prof. Crosa per propugnare la conservazione, almeno temporanea, dello Stadium si appoggia a ragioni d'utilità pratica, l’ing. M G. Savio sostiene uguale tesi, in base a considerazioni di decoro per Torino scrivendo: «Anzitutto non mi pare sia il caso di demolire un'opera grandiosa e imponente nel suo genere, che abbellisce non poco la nostra città, che le altre città e le altre nazioni ci invidiano. Lo Stadium è forse una delle poche opere degne di una grande città moderna che possiede Torino, frutto di una idea grandiosa e punto brutta, che, nella scarsità di monumenti che possiede Torino ha destato l'ammirazione ed il plauso generali». Ciò premesso, sotto l'aspetto monumentale ed artistico, l'ing. Savio passa ad esaminare come si potrebbe utilizzarlo  e propone che vi si facciano i festeggiamenti carnevaleschi, caroselli storici, che vi si crei un centro di divertimenti, perchè «lo Stadium non è più lontano dalla periferia di quanto non lo sia, ad esempio, piazza Vittorio, da Borgo S. Paolo o da Pozzo Strada». Lo scrittore della lettera vorrebbe perciò che piazza Carlo Alberto e piazza Vittorio non venissero più ingombrate con baracconi e simili, che ritiene sarebbero molto più a posto allo Stadium. Un altro lettore scrive: «Tempo fa, in una discussione fra commercianti di frutta e verdura all'ingrosso, parlando del nostro angusto mercato, si additò lo Stadium come ambiente adatto per un grande mercato della frutta e verdura, anche in riguardo dei trasporti, essendo esso vicino a Porta Susa e facile il collegamento dei binari coll'interno dello Stadium. Un mercato nuovo della frutta e verdura è necessarissimo per la città di Torino, sotto tutti i rapporti e lo Stadium si presterebbe benissimo per tale opera, naturalmente colle dovute modificazioni». E' un'idea!... Infine, collochiamo fra i difensori della conservazione anche l'autore della seguente lettera, quantunque esso non si pronunci molto decisamente, spostando invece la questione con l'argomento delle altre aree che sarebbero disponibili nel concentrico, argomento che, per la verità, è anche accennato da altri: “Io ritengo che prima di destinare la rilevante somma di due milioni alla demolizione dello Stadium, per costruirne poi un altro in altra località, sarebbe assai più conveniente che l'Amministrazione comunale ottenesse la cessione di aree in parti più centrali della città, come, ad esempio, quella dell'Arsenale,  la spianata di artiglieria in corso Oporto e corso Galileo Ferraris, i vecchi edifici del Distretto in via del Carmine, ecc». E conclude: «Meglio dunque rinunciare qualsiasi demolizione comportante rilevanti spese e valorizzare invece con la massima urgenza molte aree veramente centrali per facilitare le nuove costruzioni, cosi necessarie al presente». "Demolire lo Stadium? Fosse vero! Un magistrato torinese che  al pari del compianto Comorana  è anche un fine poeta, l'avv. Odiard Des Ambrois, non ha esitazioni. Demolire lo Stadium? ecco la più felice idea che a proposito dello Stadium sia nata da quando s'è cominciato a costruirlo! Qualche tempo fa sulle colonne di La Stampa Emilio Cecchi in lode degli architetti scriveva «l'architetto prende la natura come elemento partecipe e la trasforma in materia d'arte. Fa che il sole veramente dipinga, sui monumenti e nel cuore degli uomini... L'architetto sembra in certo modo aggiungersi direttamente alla impresa della Creazione: lavora sul corpo del mondo, chiama a collaborare il cielo, le nubi, le montagne ... Non so perchè, a leggere quelle parole, subito mi era venuto in mente lo Stadium, primo fra una lunga teoria di stonatissime fabbriche e di miserevoli monumenti e avevo pensato: se Emilio Cecchi lo venisse a vedere, me lo saprebbe dire che ci sta a combinare questo funereo scheletro con l'ariosità dei viali circostanti, con la severa e maestosa catena delle Alpi? come s'aggiunga all'impresa della Creazione? come partecipi alla natura dell'ambiente? come collabori col nostro cielo, con le nostre colline, con le nostre non remote montagne, costrette, le disgraziate, a fargli corona loro malgrado? «Demolire lo Stadium? fosse vero! Ma l'estetica è il punto di vista sentimentale: rimane il punto di vista pratico. Ebbene, io credo che giudicata a lume di volgare utilità la causa dello Stadium sia anche men degna di difesa : lo Stadium non serve a nulla e non è mai servito a nulla. E' ridicolmente sproporzionato al suo scopo d'origine, e completamente disadatto a quegli altri scopi casuali che poi gli si son venuti assegnando. Molto, troppo vasto per campo di giochi o di rappresentazioni, stanca e disorienta gli spettatori che non arrivano a veder nulla se non siano muniti addirittura di telescopio, ma per compenso, al primo raggio di sole primaverile ci rischiano una insolazione; e gli attori, insettucci perduti in quella inutile immensità, vi fanno la più povera figura del mondo. Ridotto a locale d'esposizione — tutti sappiamo che le esposizioni là dentro si fanno esclusivamente per salvarlo da totale meritatissima oblivione — non ottiene altro risultato che il rimpianto delle tre lire d'ingresso buttate via in tutti quei pochissimi ingenui che v'entrino pagando il biglietto. E non parlerò dei fuochi artificiali « Come adoperare l'area che venisse liberata  da cotesto brutto ingombro. Case, case, case! e case per i poveri diavoli, per il popolo, per gli impiegati, per gli umili piccoli borghesi! non v'è altra necessità — non dico opportunità — più urgente. Se anche il Comune dovesse rinunziare a una buona parte di quei (?) milioni di utile preventivato, l'opera sarebbe ad ogni modo profittevole e santa per ora e per poi. Demolire lo Stadium? per carità, non lasciamo cadere questo geniale proposito! Ma appunto perchè sarebbe geniale, non ci arriveremo ». Proposte di trasformazione Alla domanda : «Demoliamo lo Stadium?», il cav. Mailer risponde con un'altra domanda: «Demoliamo la metà dello Stadium?». E così illustra rapidamente il suo concetto «Demolire la parte a nord-est ed adibire l'area cosi liberata a costruzione di case di abitazioni civili. Di palazzine ve ne sono già abbastanza, e poi non è problema urgente o costruire la facciata del nuovo Stadium ridotto sul prolungamento" del corso Duca d'Aosta (eventualmente con due entrate), il centro potendo essere utilizzato per la costruzione di un grande palcoscenico. La nuova loggia reale potrebbe essere costruita all'estremità opposta all'ingresso, verso il corso Peschiera. «Torino sarebbe dotata di un vero antiteatro romano e la spesa sarebbe tale da lasciare un buon margine, e cioè demolizione di metà Stadium:1 milione, ricavo vendita terreno 15 milioni, costruzione facciata e teatro nuovo Stadium: 2 milioni. Avanzo: 12 milioni e tanta gente contenta e alloggiata».  Tutt'altra destinazione vorrebbe dare all'area dello Stadium un colonnello dei bersaglieri a riposo, il quale, consentendo pienamente al progetto della demolizione dell'edificio, vorrebbe che si creasse in quel luogo un vasto parco-giardino pubblico: «La zona entro cui si erge lo Stadium è assolutamente sprovvista di giardini o parchi pubblici, ove la numerosa prole di quegli abitanti possa anch'essa trovar modo di svagarsi lontana dai pericoli d'investimento da parte di ogni sorta di veicoli e dal polverio che inevitabilmente questi mezzi sollevano, parmi pertanto che l'area in oggetto potrebbe, e dovrebbe, a mio debole parere, essere trasformata in parco pubblico. Soggiungo però subito che un'altra soluzione, che se l'Amministrazione militare non vi si opponesse, salverebbe, per cosi dire, capra e cavolo, e sarebbe quella di convertire nell'ora detto parco pubblico l'attuale Poligono del Genio ferrovieri, col vantaggio, in confronto della precedente, di servire, allorché fosse compiuto l’ abbassamento del ponte del ferro della linea di Milano tanto alla popolazione del Borgo Crocetta, largo Tirreno che a quella del Borgo S. Paolo. Pubblicheremo da parte una lunga lettera, pervenutaci tardi, iersera, dall'av. comm. Maurizio Roccarino presidente della «Società Stadium Nazionale».